martedì 4 dicembre 2007

Fulvio Scarlata, chiedi scusa a Pagani pubblicamente

Ecoc cosa il Signor Scarlata si è permesso di scrivere sulla nostra città ieri mattina sul mattino di Salerno


il racconto

DALL’INVIATO FULVIO SCARLATA Pagani Derby vinto dai tifosi locali, dal questore e da Antonietta Di Martino. È lei, l’atleta di Cava, a essere premiata prima della partita, è lei al centro dell’attenzione in tribuna, e a fine gara, quando per una strana scelta si lasciano chiuse le porte dello stadio, è ancora la campionessa cavese con i capelli a caschetto biondi tranquilla in mezzo alla marea di supporter della Paganese. «È strano vedere tutta questa polizia, non capisco. E poi le perquisizioni. Ma perché?». Di Martino, abituata ai meeting di atletica, era sconcertata. Il derby tra Pagani e Cava, tuttavia, è meticolosamente organizzato dalle forze dell’ordine guidate di persona dal questore Vincenzo Roca. Stadio presidiato, elicottero a controllare tutto, posti di blocco fin da Nocera, anche se i tifosi aquilotti erano stati organizzati in una lunga fila di auto e pullman fin da Cava. Tra gli ultras anche Luigi Gravagnuolo con tanto di cappellino con i colori cavesi, accolto, lungo la strada, dal collega Alberico Gambino, con vistosa sciarpa della Paganese. «Incrociamo le dita - dice il sindaco di Pagani - al di là della partita speriamo vinca lo sport». «È da sottolineare l’accoglienza dell’Amministrazione e la civiltà della gente - risponde l’uomo di Cava - Non è facile in serie C andare senza problemi in tribuna con sciarpe e cappelli della propria squadra». L’atmosfera è tranquilla, al «Torre», perché chiamarlo stadio è dire troppo. Le curve sono parte in tubolari di ferro e parte in muratura, una sola tribuna è coperta, le cancellate sembrano messe a casaccio, tutta la struttura dà l’idea di essere rappezzata, quasi a rappresentare Pagani. Lo stadio saluta gli ultrà ospiti che sembrano militarizzati. «Fanno impressione - dice Antonio Marchetti, un tifoso - si sono presi tutta l’attenzione». Cori e canti dei cavesi sovrastano quelli degli avversari. I supporter si muovono come un’unico gruppo, le loro incitazioni sono indipendenti dalla partita, fin da quando partono insulti gratuiti ai poliziotti. Solo al 25’, sul rigore che Scarpa va a tirare proprio sotto la loro curva, l’attenzione torna al campo: gli aquilotti scatenano una pioggia di fischi tale da far tremare l’attaccante locale che tira e sbaglia. Poi, ad inizio ripresa, issano lo striscione dell’orgoglio: «Dal 1919 fieri delle origini, fedeli alle tradizioni, Cava senza Provincia». E successivamente, a sorpresa, un altro striscione che insulta D’Eboli, ds della Paganese, ex della Cavese. A fine partita il dirigente Antonio Della Monica è andato ad abbracciare D’Eboli: «Non sono cavesi» gli dice, «lo so, Cava è una città civile» la risposta. «Finora ha vinto lo sport - dice l’assessore provinciale Piero Cardalesi - eravamo tutti preoccupati». I sindaci ostentano sorrisi, ma sono tra i fan più accesi. Gambino non riesce ad allontanare gli occhi dal campo, Gravagnuolo, dopo che i suoi hanno subito il gol, diventa nervoso: «Vedi - dice - adesso entra Peppe Aquino e risolve tutto». Invece i blu della Cavese non sfondano. La svolta al 22’ del secondo tempo, quando lo stadio trema per un boato: una potente «cipolla» lanciata dagli ultras cavesi. Un gesto inutile, gratuito, sommerso da una marea di insulti e fischi dei paganesi, mentre le forze dell’ordine si mobilitano e il sindaco Gambino attraversa tutta la sua tribuna chiamando i concittadini per nome, invitando a tutti a sedersi. Anche perché, quasi per forza della nemesi della mitica dea Eupalla, da quel momento per la Cavese la partita è persa, non c’è più nulla da fare. La palla non si avvicina alla porta avversaria, c’è sempre un piede, una testa, una zolla, una deviazione, perfino l’arbitro, che impediscono i più semplici passaggi. Gli ultrà sparano un secondo botto e, in un momento di geniale esaltazione, si accendono i fumogeni tra loro. Ma in campo non cambia nulla. Anche quando arriva l’ultima punizione dal limite: c’è tutto il rito della barriera, della scelta di chi calcia, poi il tiro di Tarantino. La palla si innalza, aggira gli avversari, ridiscende verso la porta tra migliaia di «no, no, no» dei paganesi. La traiettoria sembra destinata proprio all’incrocio dei pali, poi Eupalla interviene: la traversa è solo scheggiata, la palla finisce fuori. Vince la Paganese, vince Pagani e i suoi tifosi. Che, con una pazienza inimmaginabile poi restano lì, ammassati davanti ai cancelli chiusi dello stadio per un’ora ad aspettare che i tifosi avversari lascino lo stadio, questa volta senza cori e «cipolle».

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